giovedì 2 febbraio 2012

Il cinema di Claudia 3


 

MATCH POINT

Di Claudia Marinelli

Regia : Woody Allen
Soggetto e sceneggiatura: Woody Allen
Scenografia: Jim Clay
Fotografia: Remi Adefarasin
Montaggio: Alisa Lepselter
Costumi: Jill Taylor
Cast: Scarlett Johansson, Jonathan Rhys- Mayers, Emily Mortimer, Matthew Goode, Brian Cox, Penelope Wilton
Produzione: U.S.A. – G.B.
Durata 124 minuti


Con “Match Point” Woody Allen ci propone un film alla volta diverso e simile ai lunghi metraggi prodotti fino ad ora. Chris (Johnathan Rhys –Mayers), ex giocatore professionista di tennis, viene assunto come istruttore in un prestigioso club londoniano dove conosce il ricco Tom Hewett (Matthew Goode) con il quale stringe presto amicizia. Tom lo introduce presso la sua famiglia e Chris interesserà subito sentimentalmente la sorella di Tom: Chloe (Emily Mortimer). Comincia così l’ascesa di Chris, bello intelligente e affascinante, nel mondo dell’alta società londinese: stupende case di campagna, salotti arredati con mobili d’epoca, macchine prestigiose, donne vestite in modo sobrio ma elegantissimo e uomini impeccabili. Il mondo che Chris aveva sempre sognato di conquistare ma al quale non avrebbe potuto accedere con il successo sportivo. Perché Chris è fondamentalmente più arrivista che ambizioso e, anche se niente ci è rivelato della sua infanzia presumibilmente povera, capiamo che ambisce ad una vita agiata e ricca di privilegi. Verrà così assunto nella società del suocero dove farà una  rapida e brillante carriera. Ma Chris non è solo un freddo calcolatore: c’è un lato passionale in lui, sconosciuto a Chloe e incontrollabile per il personaggio stesso. E’ l’incontro con Nola (Scarlett Johansson), fidanzata di Tom, aspirante attrice senza successo e senza simpatie nella famiglia del fidanzato, che scatena le sue passioni. E, anche se all’inizio Nola sembra  respingerlo,  Chris  la insegue e i due finiscono per andare  a letto insieme una volta prima del matrimonio di Chris con Chloe. Tom e Nola si lasciano poco dopo e Nola sparisce per un po’. Riappare quando Chris e Chloe si sono sposati e la passione si riaccende. Per questa passione prorompente Chris rischia di mettere a repentaglio tutto ciò che ha guadagnato: la sua vita agiata, i suoi privilegi, la serenità della vita familiare. Messo alle strette da Nola, che minaccia di svelare la relazione a Chloe, opta per una soluzione estrema. Egli ammazza prima l’anziana vicina di casa di Nola e la rapina, per depistare le indagini, poi uccide Nola e il bimbo che porta in grembo.


La storia però non finisce come il noto romanzo di Dostoevskij, “Delitto e castigo”, che il protagonista legge all’inizio del film: il colpevole non è punito. Chris è un uomo fortunato: quando getta i gioielli rapinati nel Tamigi, la fede dell’anziana signora assassinata rimbalza sulla ringhiera e cade sul marciapiede e verrà trovata nella tasca di un drogato colpevole di rapina a mano armata. La polizia, che aveva dei seri sospetti sull’innocenza di Chris,  dovrà interrompere le indagini. Il protagonista continua a vivere la sua vita agiata e “fortunata”, forse avrà di tanto in tanto qualche rimorso, e forse non sarà mai del tutto felice, ma non è in fondo che un piccolo prezzo da pagare per l’odioso crimine che ha commesso. 


“Match Point” è un film diverso da tutti i film precedenti di Woody Allen per l’ambientazione, è totalmente girato a Londra, e per il suo genere drammatico – thriller con pochissime battute sarcastiche  e comiche. È però anche un film simile a molti altri dello stesso regista per gli interrogativi posti e la risposta chiara data. 
Diversamente che in “Delitti e misfatti” qui Woody Allen non dà un giudizio morale sul protagonista e non si pone il problema del rimorso, simbolizzato nel film del 1989, dall’occhio di Dio che guarda i personaggi colpevoli. Il problema di sapere se Chris si senta o si debba sentire colpevole, non è di fatto affrontato, perché il regista ha voluto affermare l’importanza della fortuna nella vita degli uomini. Come la palla da tennis che all’inizio del film rimbalza sulla rete e dal suo cadere da una parte o dall’altra del campo determina la vincita o la perdita di una partita, così il successo o l’insuccesso degli uomini dipende da meri colpi di fortuna. Il non voler ammettere questa realtà significa non volere ammettere che molto nella nostra vita dipenda da eventi fortuiti e totalmente incontrollabili. 


Si tratta naturalmente dell’opinione del regista che l’illustra con una trama  ben costruita ma non priva di “forzature”. Siamo in un film e ogni scena, ogni parola deve poter portare la storia ad una conclusione verosimile, ma una trama convince lo spettatore quando gli eventi raccontati sono pienamente plausibili e in “Match Point” gli eventi si piegano troppo facilmente alla volontà di affermare l’assioma di fondo dello sceneggiatore regista.

Chris è un uomo fortunato: è nato bello e intelligente. Il suo fascino gli apre le porte del mondo che ambisce, ma questo mondo gli cade troppo in fretta ai piedi. La sua ascesa è rapida e senza intoppi, l’alta società londinese è accogliente con gli arrivisti proprio come quella americana. Il ritrovamento della fede rapinata nel posto sbagliato scagiona il protagonista dall’accusa di omicidio, ma quale polizia oggigiorno ometterebbe di fare l’autopsia alle vittime di un omicidio? Quale polizia non farebbe il test del DNA su di un feto per scoprirne  la paternità? Non cercherebbe il fucile da caccia con il quale Chris ha ucciso? Quale scientifica non indagherebbe sulla provenienza dei proiettili?
Woody Allen non ha voluto porsi questi problemi “pratici”, anzi li ha omessi volutamente per poter affermare che nella vita  la fortuna gioca un ruolo predominante. E se molto nella vita dipende da eventi “fortunati” in quale misura l’uomo è responsabile del suo successo o del suo insuccesso? Praticamente in misura irrisoria.
L’opinione naturalmente è quella di Woody Allen ma, proprio perché quest’opinione non è supportata da “prove” convincenti, rimane una mera opinione affermata e non dimostrata, di conseguenza il film sembra più essere stato fatto per affermare l’idea di base del regista che non per convincere lo spettatore. 


“Match Point” è un film comunque da consigliare: bravi gli attori, bella la scenografia, intelligenti i dialoghi, magistrale la regia, ma proprio perché Woody ha smesso di porre domande e ha voluto affermare, e non semplicemente suggerire, la sua opinione personale, il film risulta, a mio avviso, meno riuscito dei suoi “classici” come ad esempio “Delitti e Misfatti”, “Tutti dicono I  love you” o ancora i deliziosi “La rosa purpurea del Cairo” e “Pallottole su Broadway”.

Per vedere il monologo iniziale: http://www.youtube.com/watch?v=lEBuifhnENg

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