giovedì 27 dicembre 2012

Basta guardarla (1970)

Luciano Salce e la nostalgia del teatro di rivista


Basta guardarla (1970) è uno dei migliori film di Luciano Salce perché unisce in un solo lavoro comicità, nostalgia del tempo passato, ironia, umorismo caustico e ricordi di un teatro di rivista che non esiste più. Il soggetto è di Iaia Fiastri, la sceneggiatura dello steso Salce, con la collaborazione di Steno, la fotografia di Aiace Parolin, la musica di Franco Pisano, il montaggio di Marcello Malvestito, le scenografie sono di Luciano Spadoni e i costumi di Luca Sabatelli. La produzione è Mario Cechi Gori per Fair Film. Il cast è notevole: Maria Grazia Buccella, Carlo Giuffrè, Mariangela Melato, Luciano Salce, Franca Valeri, Pippo Franco, Riccardo Garrone e Umberto D’Orsi. Il meglio della comicità del periodo storico dà vita a un film - memoria dell’avanspettacolo e racconta le vicissitudini di una piccola compagnia teatrale che si esibisce nei paesi più sperduti della nostra provincia.  


Maria Grazia Buccella è una contadinella ciociara a servizio da uno zio prete, sogna di fare la ballerina, si innamora del cantante Silver Boy (un fantastico Carlo Giuffrè) e alla fine riesce a farsi scritturare dalla sua compagnia. Pippo Franco, nei panni del gay Danilo, trasforma la contadinella in una donna interessante, la depila, le toglie gli abiti da lavoro, la veste da soubrette e le insegna a ballare. Il film si sviluppa così, come un’epopea degli artisti di poco conto, attori da avanspettacolo che nessuno conosce, ma che portano la loro passione nei teatri di provincia. Salce costruisce una bella storia d’amore e passione tra Silver Boy ed Enrichetta Rikk (Buccella), contrastata dalla gelosa e focosa spagnola Marisa (Mariangela Melato) che fa di tutto per eliminare la rivale. A un certo punto del film entra in scena un’altra compagnia di guitti, capeggiata da Farfarello (Salce) e dalla moglie Pola (Franca Valeri), che porta via Enrichetta.

Maria Grazia Buccella

In questa pellicola non è tanto importante la trama, quanto il quadro di un’Italia che non esiste più, dalle campagne ciociare dove una ragazzina può sognare di fare la ballerina, diventare attrice e innamorarsi di un cantante come Silver Boy, per arrivare al sapore delle tavole sconnesse dei palcoscenici di periferia. Carlo Giuffrè è bravissimo nella caratterizzazione di un cantante romantico che veste sempre con impermeabile nero, porta occhialoni da sole, fa innamorare le donne, interpreta languide storie strappalacrime, ma se serve esegue pezzi comici. Mariangela Melato è al suo primo film, dimostra bravura e temperamento nei panni di una focosa ballerina spagnola che non tollera rivali. Maria Grazia Buccella è bella e sensuale, ma recita anche una buona parte comico - drammatica, non si limita a mostrare le grazie procaci, come già aveva fatto in Ti ho sposata per allegria (1967), sempre sotto l’attenta guida di Salce. La Buccella è credibile sia come contadinella baffuta mentre addenta un enorme panino e serve il pranzo allo zio prete, che come interprete maliziosa del Cocoricò, numero che ne decreta il successo popolare. Pippo Franco versione gay fa intravedere la futura bravura da attore comico ed è il Pigmalione della nuova Enrichetta, parrucca bionda e fisico mozzafiato. “Questa ragazza c’ha il teatro nel sangue. Basta guardarla!” esclama Giuffrè, allungando la vista sulle lunghe gambe della Buccella e spiegando il motivo del titolo.

Melato e Giuffrè

Luciano Salce è bravissimo come regista, dosa a dovere le parti ironico - melodrammatiche e i siparietti desunti con rigore filologico dal teatro di rivista, costruendo un capolavoro di nostalgia, ma anche una storia d’amore e tradimenti che si segue con passione.

Ancora una stupenda Buccella

Basta guardarla è una proto commedia sexy, perché contiene in nuce molti elementi di un genere ancora in formazione, soprattutto l’esibizione della bellezza di Maria Grazia Buccella, a dire il vero molto castigata. Sono interessanti anche le parti oniriche, velate di musica soffusa e fotografia flou, gli inserti da fotoromanzo con i sottotitoli ammiccanti, gli incontri amorosi tra Giuffrè e la Buccella, i sogni a occhi aperti della ragazza che non perde mai il suo habitus di ingenua contadinella. I numeri prelevati dal teatro di rivista sono una delle cose più divertenti della pellicola, a partire dal Cocoricò, il pezzo più trash del mondo cantato con voce sensuale da una Buccella - gallinella procace e interpretato da un mitico Giuffrè - galletto. Pare una versione anticipata delle ragazze Coccodè di arboriana memoria e non è escluso che lo showman pugliese si sia ispirato proprio a questo film.


Luciano Salce interpreta il ruolo di Farfarello, un capo comico che ha come moglie la bravissima Franca Valeri, personaggio fondamentale nell’economia del film. Il ruolo dovrebbe andare a Ugo Tognazzi, ma ci sono problemi di incompatibilità con altri impegni dell’attore milanese, così Salce decide di fare da solo e ci regala uno dei suoi migliori personaggi. Farfarello è un egocentrico, divenuto impotente dopo uno shock violento (un marito geloso che brandisce un coltello), continua a propagandare la sua fama di latin lover con la complicità della moglie che ogni sera lo interrompe sul più bello perché non faccia cattiva figura. Farfarello scrittura Enrichetta, la trasforma in Erika Rikk e la inserisce nei suoi spettacoli che sono quanto di più volgare abbia prodotto l’avanspettacolo. I doppi sensi a tema sessuale si sprecano (“Aboliremo le tasse! Sì, col cocchio!”), inseriti in scenografie storiche dove la Valeri canta “Piramidal, il mio fascino egizio…” e la Buccella è prima ballerina. La dura legge del teatro porta la Buccella in primo piano quando la Valeri si infortuna sulla scena. Silver Boy, intanto, beve, stecca le canzoni, litiga con il pubblico, perché vorrebbe riavere la sua Erika e comprende che non era una passione fugace, ma vero amore. Sono molto divertenti le parti che descrivono un’improbabile fuga d’amore a Civitavecchia, nello squallore del mare melmoso, a bordo di una barchetta scassata e nelle stanze di una pensioncina di quart’ordine. Tutto in sintonia con la condizione di attori scalcinati. 


Salce prosegue citando diversi numeri di avanspettacolo, scelti tra i pezzi più bassi e volgari: l’autobus (“che piacere… che piacere che si prova nel sedere…”), Via col razzo, Poppea sali sul cocchio, Che Cassio vuoi… e via di questo passo. Umberto D’Orsi è un’ottima spalla che asseconda la verve istrionica di Salce, mentre Riccardo Garrone non ha grande spazio, racchiuso nel modesto personaggio del produttore Pedicone.


Il film presenta alcune parti erotico - ironiche con la Buccella che offre il suo corpo a Farfarello, “un uomo che non ama”, stile fotoromanzo di bassa lega, ma il capo comico è impotente e non ne approfitta. Maria Grazia Buccellla dimostra tutta la sua bravura di attrice completa e di showgirl, nel finale esce da una gigantesca conchiglia e canta la sensuale Venere 2000 (“Sono Venere 2000, sono disponibile a tutto…”), prima fischiata da un pubblico pagato e subito dopo acclamata. La pochade prende il sopravvento con una bagarre finale a base di cazzotti, seggiole divelte e colpi proibiti. Ha la peggio Silver Boy che finisce in ospedale dopo essere stato colpito dalla spagnola in un eccesso di ira gelosa. Il finale registra il trionfo dell’amore tra Silver Boy ed Erika Rikk, ma anche un nuovo shock per Farfarello che recupera la virilità perduta. I due innamorati si ritrovano in ospedale, cantano la loro canzone, progettano un ritorno sulle scene, mentre una marcia nuziale tra suore e malati li accompagna verso la dissolvenza finale. Scorrono sui titoli di coda i finti commenti della stampa estera che registra con soddisfazione un film capolavoro. Salce ironizza su se stesso e non si prende sul serio.


Basta guardarla è una struggente rievocazione del teatro di rivista, eseguita con tratto da maestro e con leggerezza, seguendo il racconto romantico di una protagonista ingenua e innamorata. Salce cita con dovizia di particolari vecchi numeri dell’avanspettacolo e li riproduce sul set con bravura e rigore enciclopedico. Il film non è volgare anche se recupera le battute di quel teatro, perché vengono inserite sotto forma di citazioni e ricordi di un mondo scomparso. 

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