lunedì 10 marzo 2014

La novizia (1975)


di Piergiorgio Ferretti

Regia: Piergiorgio Ferretti (Giuliano Biagetti). Soggetto e Sceneggiatura: Giorgio Mariuzzo, Piergiorgio Ferretti. Aiuto regista: Ennio Marzocchini. Trucco:  Gianni Amadei. Fotografia: Franco Villa. Musiche: Berto Pisano. Montaggio: Alberto Moriani. Scenografie e Costumi: Tellino Tellini. Produzione: Enzo Del Punta, Giuliano Biagetti per BI.PA. Distribuzione: D.E.A.. Interpreti: Gloria Guida, Gino Milli, Lionel Stander, Femi Benussi, Fiore Altoviti, Beppe Lo Parco, Maria Pia Conte, Vera Drudi e Giuseppe Sciacqua.


Questo fine settimana mi è capitato tra le mani - comprato a un euro su una bancarella di libri usati - La suora giovane (1963) di Giovanni Arpino che colpevolmente non avevo mai letto. Ero sempre vissuto nella certezza che questo libro avesse ispirato La novizia (1975) di Piergiorgio Ferretti ed ero convinto che critici e recensori dicessero il vero, fino a quando non ho toccato con mano che romanzo e film hanno in comune ben poco, in fondo solo lo spunto di una storia d’amore tra un uomo e una novizia. Fa meraviglia che Arpino non si sia ribellato al tentativo di stupro di cui è stato oggetto il suo romanzo da parte di avventati sceneggiatori. 
 

La novizia di Piergiorgio Ferretti (pseudonimo di Giuliano Biagetti) è un film ascrivibile al filone delle monache nel peccato che in Italia ha illustri esempi. Si ricordi tra tutti: Immagini di un convento (1979) di Joe D’Amato, mutuato in parte da Interno di un convento (1978) del grande Borowczyk e La monaca nel peccato (1986) dello stesso D’Amato. Si può inserire anche nel sottogenere dei peccati in famiglia e nei drammi erotici, perché è una commedia dai risvolti familiari che si svolge tra le mura domestiche che nel finale degenera inaspettatamente in un puro dramma. Un accenno merita la figura del regista Giuliano Biagetti, che si firma Pier Giorgio Ferretti come in Decameroticus (1972) e ne Il sergente Rompiglioni (1973), nato a La Spezia nel 1925 e morto nel 1999 tra l’indifferenza della critica e dei media. Soltanto Nocturno Cinema gli ha dedicato un articolo di Stefano Ippoliti sulla rivista numero 10 del giugno - luglio 1999. Biagetti proviene da una famiglia pisana e nel periodo universitario a Firenze fonda la compagnia teatrale La Brigata dei dottori, nella quale recita e scrive testi. Nasce come documentarista ed esordisce nella regia nel 1953 con Rivalità, lavoro scritto e supervisionato da Roberto Rossellini. Subito dopo gira Ragazze al mare (1954), un’altra storia di provincia che mette alla berlina la difficoltà di vivere in una comunità piccola e lontana da dove pulsa la vita vera. Dopo questi due film abbiamo un lungo periodo di silenzio, durante il quale Biagetti va a dirigere gli effetti speciali dell’Istituto Luce e si dedica a una serie infinita di Caroselli pubblicitari creativi e interpretati da attori del calibro di Totò. Chi non ricorda Con Api si vola interpretato da Modugno? Torna al cinema dopo quattordici anni con L’età del malessere (1968), tratto dal romanzo di Dacia Maraini, film impegnato che anticipa temi della contestazione studentesca. L’anno successivo Biagetti dirige un giallo sexy (Interrabang), sconcertando chi lo accreditava come regista impegnato. Il film viene inspiegabilmente sequestrato su tutto il territorio nazionale dal giudice Occorsio e questo fatto provoca seri problemi economici al regista che era pure produttore. Si rituffa nel mondo dei Caroselli e torna al cinema nel 1972 con lo pseudonimo di Pier Giorgio Ferretti con Decameroticus. Biagetti passa al cinema di genere e per dare maggior risalto a questa scelta decide di cambiare nome. Il resto della sua produzione è su questa falsariga, sia che si firmi Biagetti come Ferretti. Ancora una volta prima di lasciarci (1972) con Corrado Pani e Barbara Bouchet analizza la crisi della coppia. Il sergente Rompiglioni (1973) vede uno scatenato Franco Franchi in un personaggio che fa la satira di una farsa. La svergognata (1974) è una commedia erotica interpretata da una giovanissima Leonora Fani, che seduce l’attempato scrittore Philippe Leroy in vacanza a Ischia, mentre la bella moglie è Barbara Bouchet. Dopo La novizia (1975) con Gloria Guida, dirige Renzo Montagnani e Jenny Tamburi nella commedia dolce amara Donna… cosa si fa per te (1976). Infine gira L’appuntamento… dove, come, quando? (1977) sempre con Renzo Montagnani, quindi si dedica alla pubblicità sino al 1989, per poi rientrare nel giro del cinema con Vado a riprendermi il gatto, una favola bucolica premiata al Festival di Montreal e interpretata da Barbara De Rossi, Jean Pierre Cassel e Mario Adorf. Conclude nel 1992 con Sì… ma vogliamo un maschio, film mai uscito nei circuiti cinematografici e di fatto sconosciuto. Biagetti ha raccontato spesso storie che affrontano tematiche sociali e intimistiche, accompagnate da violenza ed erotismo, ma pure vicende sui rapporti di coppia e sulla difficoltà di vivere in provincia. Tematiche che ritroviamo pure ne La novizia


Nel mio libro Le dive nude e nell’e-book dedicato a Gloria Guida ho scritto: “La novizia è tratto dal bel romanzo La suora giovane di Giovanni Arpino e ne rispetta trama e situazioni in modo più che corretto. Lo scrittore Arpino e il regista Biagetti vogliono dire le stesse cose, descrivere la vita di provincia nella Sicilia degli anni Settanta, le vocazioni forzate, la chiusura di certi ambienti contadini, il tutto condito da un po’ di erotismo mai ingiustificato ma sempre funzionale alla storia”. Chiedo venia. Non avevo letto La suora giovane. Ora che ho rimediato alla colpevole mancanza devo sconfessare la mia vecchia considerazione. La suora giovane racconta l’infatuazione di un ragioniere torinese di quarant’anni, che non è mai stato sposato, per una novizia ventenne di Mondovì. La ragazza fugge dalla campagna, crede che prendere i voti possa cambiare la sua vita e quella della famiglia, fino al giorno in cui l’amore irrompe e sconvolge tante certezze. Il romanzo di Arpino non è per niente erotico, se non nelle suggestioni, ma descrive un rapporto d’amore platonico che si conclude con l’uomo alla ricerca disperata della ragazza per condurla all’altare. Il ragioniere quarantenne conosce la famiglia della suora, parla con padre e madre, quindi decide di coronare il sogno d’amore, nonostante le possibili difficoltà del rapporto. Molto importante il lato psicologico, l’introspezione dei personaggi, la crisi della vocazione, i timori per la differenza di età, che Arpino presenta da grande letterato. 


Il film di Biagetti è un buon lavoro, ma dobbiamo dire con fermezza che racconta tutta un’altra storia e presenta suggestioni erotiche ben più morbose. Gloria Guida è Maria, da novizia suor Immacolata, veste il bianco abito monacale con una notevole carica erotica soprattutto nelle scene più piccanti. L’attrice è doppiata in veneto come ne Il gatto mammone con Lando Buzzanca. Suor Immacolata proviene dalle campagne del Nord Est, si trova in Sicilia per accudire il vecchio e malato don Ninì (Lionel Stander), che ha avuto una vita movimentata e ricca di avventure erotiche. In punto di morte don Ninì vuole accanto a sé il nipote Vittorio (Gino Milli) che torna al paese dopo aver compiuto gli studi nella capitale. Vittorio ritrova gli amici e la noia di una vita provinciale che fatica a capire, rivede Nunziatina (Femi Benussi), il primo amore che ha sposato per interesse un uomo che non ama. Vittorio intreccia con lei una relazione all’insegna del sesso più sfrenato e le scene erotiche che vedono impegnata Femi Benussi sono incandescenti. Basti pensare a una telefonata durante la quale - in mutandine di pizzo e al colmo dell’eccitazione - accarezza il corpo con la cornetta del telefono fino a lambire il sesso. Vittorio s’innamora della bella novizia, che in un primo tempo pare turbata dai discorsi erotici dello zio e dalle avventure del nipote che porta in casa le amiche e fa l’amore con loro senza curarsi della sua presenza. Lei è pur sempre una donna: quando scopre Vittorio e Nunziatina che fanno l’amore comincia ad accarezzarsi il seno nonostante l’abito monastico. Cerca di resistere ma la tentazione è forte. Vittorio conosce meglio la novizia, scopre che viene da un paesino di contadini veneti, che ha un fratello prete e che la madre vuole che si faccia suora. Maria sostiene di essere stata predestinata sin da bambina a quel tipo di vita e che non è mai stata giovane. Però dice di amare le persone, la musica, il ballo e alla fine termina il discorso alzando la tonaca e mostrando a Vittorio le gambe fasciate da calze bianche autoreggenti. In un altro dialogo Vittorio le fa togliere la cuffia, le scioglie i lunghi capelli, poi la accarezza e la chiama Maria. 
 
 
Tra i due ragazzi (che sono coetanei, a differenza del romanzo!) è scoccata la scintilla dell’amore; per Vittorio c’è appena il tempo di un rapido rapporto con Nunziatina sotto i fuochi d’artificio. L’amore bussa alla porta e si manifesta sotto forma di un gioco a Mosca Cieca con la bella novizia. La scena ricalca quella già vista in Malizia di Samperi tra la Antonelli e Momo però ha una buona gradazione erotica. La ragazza si fa prendere e lui la stringe forte accarezzandole il seno e chiamandola amore. Altra scena interessante da un punto di vista erotico è lo striptease di Gloria Guida, che toglie i panni da novizia per vestire sensuali indumenti intimi femminili. La novizia asseconda don Ninì che vuol morire davanti a una vera donna e non a una suora. La scena è molto spinta, Gloria Guida resta completamente nuda con la sola cuffia bianca a coprire il capo. Vittorio scopre una lettera della madre di Maria, che insiste perché la figlia si faccia suora e la dà alla novizia per dirle che è innamorato di lei e che lui la vuole donna. Infine la bacia, la spoglia e le scioglie i capelli in un’altra sequenza molto calda. 
 
 
A questo punto muore lo zio, si fa beffe pure della morte dicendo che è una bella signora e che si fotte pure lei. La novizia sparisce, Vittorio è in preda alla disperazione, non mangia più, non gli interessa niente, non vuol vedere nessuno, neppure la bella Nunziatina. Visto che la donna insiste Vittorio la riceve a casa sua e la fa andare a letto con i suoi amici. Anche questa parte presenta contenuti erotici interessanti e trasgressivi per il periodo storico, ma soprattutto non ha niente a che vedere con il romanzo di Arpino. Vittorio pensa soltanto a Maria e alla fine viene a sapere dalla madre superiora del convento che lei ha fatto ritorno a casa nella campagna veneta. Decide di andarla a cercare, parte con la benedizione degli amici che gli augurano di ritornare insieme alla sua  donna. La casa di Maria è in aperta campagna e Vittorio incontra un uomo che lo mette in guardia: “In quella casa non ci sono uomini. Il fratello lo hanno fatto prete e il padre è morto tempo fa in circostanze strane”. Altre differenze con il romanzo. A parte che la campagna è a Mondovì, ma il padre della ragazza è vivo e vegeto. Vittorio va avanti lo stesso, si presenta alla madre di Maria, una mezza invasata che ha consacrato la sua vita e quella della figlia a Dio. Un uomo (il marito?) le ha fatto odiare la vita e lei deve difendere la figlia. Intima a Vittorio di andarsene e di lasciare in pace Maria. Vittorio non sente ragioni, vede la ragazza nel prato in fondo alla valle e le corre incontro gridando. Maria non è più vestita da suora ma in un primo momento per proteggerlo dall’ira della madre cerca di ingannarlo e dice di essere Angela, la sorella gemella. La bugia è subito scoperta, i due ragazzi si baciano, danzano in mezzo al prato, lui dice che la porterà via, sono al culmine della felicità. Due colpi di fucile si abbattono sulle loro speranze. La commedia diventa dramma con Vittorio che cade a terra e muore. La madre ha ucciso il ragazzo che voleva portare via la figlia consacrata a Dio. Questa brusca virata verso atmosfere drammatiche (pur se eccessivamente repentine) dà al film un tocco di originalità e di interesse. In ogni caso il finale è completamente diverso dal romanzo, dove il sogno d’amore tra i due ragazzi finisce per realizzarsi.
 
Il film è buono. Uno dei migliori lavori di Biagetti per la grande attenzione verso i problemi sociali, i rapporti tra i sessi e la vita in provincia. Ben recitato da un ottimo Lionel Stander che confeziona una maschera esemplare da vecchio siciliano in attesa della morte. Meno interessante e più stereotipata la figura del giovane Vittorio resa con diligenza da un sufficiente Gino Milli. Femi Benussi è stupenda nelle sequenze erotiche ed è decisamente brava come recitazione. Gloria Guida se la cava bene ed è una presenza eccezionale in un abito da suora che le conferisce un’aria ingenua e timorata mai presente nei precedenti lavori. Quando si scatena presa dal vortice dei sensi ci lascia sequenze di strip memorabili e nudi integrali in abito da suora che parlano da soli. Per Mereghetti si tratta di un softcore all’italiana in cui la Guida si spoglia con disinvoltura per lo meno sospetta per una suora. Giovanni Buttafava trova il film sorprendente, totalmente svincolato da ogni credibilità, anche geografica, spaziando dalla Sicilia alla campagna veneta, combinando i pezzi dedicati alle varie dive impiegate per pura giustapposizione, arrivando a esaltare il cliché del vecchio libertino moribondo con una soggettiva della Morte. Non si comprende se è una critica positiva o negativa. Mi limito a trascriverla per come l’ho trovata su Stracult di Marco Giusti.

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