domenica 17 gennaio 2016

L'estate (1966)

di Paolo Spinola

 
Regia: Paolo Spinola. Soggetto: Paolo Spinola. Sceneggiatura: Raffaele Ascona (Rafael Azcona), Paolo Spinola. Fotografia: Marcello Gatti. Montaggio: Nino Baragli. Ambientazione e Costumi: Piero Gherardi. Aiuto Regista. Federico Chentres. Ispettore di Produzione: Sergio Nasca. Fonico: Fernando Pescetelli. Costumi: Brunetta Parmesan. Operatore alla Macchina: Alvaro Lanzoni. Organizzazione della Produzione: Vittorio Musy Glori. Produzione: Antonio Spinola per la 5 Ottobre Cinematografica spa. Colore: Technicolor. Musiche: Gianni Boncompagni (eseguite da The Pipers). Canzoni: Per quanto io ci provi (Rossi - Robifer, cantano The Motows), La mia Inghilterra (Nistri - Arden, cantano Mike Liddel e gli Atom), Che mondo strano (Migliacci, Modugno, Shapiro, cantano The Rokes), È la pioggia che va (Mogol, Lind, cantano The Rokes). Edizioni Musicali: RCA Italiana, Dischi Arc (The Rokes). Stabilimenti di Posa e Mezzi Tecnici: A.T.C.. Esterni: Porto Rotondo (Sardegna), Stabilimenti Società Terni. Registrazione e Sincronizzazione: Cinefonico Palatino. Mixage: Mario Morigi. Laboratorio e Sviluppo Stampa: Studio Cine (Roma). Interpreti: Enrico Maria Salerno, Najda Tiller, Mita Medici (per la prima volta sullo schermo) Carlo Hinterman, Mita Cattaneo, Dino Zamboni, Mirella Pamphili, Gordon Mitchell (nella parte di se stesso).


L’estate (1966) è un film caratterizzato da certe idee critiche del periodo storico, un’ambientazione alto borghese  e un sottofondo di musica beat (curato da Gianni Boncompagni) che per il tema torbido e controcorrente non è facile dimenticare. L’antecedente letterario è Lolita di Nabokov, romanzo del 1955 portato sul grande schermo da Kubrick nel 1962, ma L’estate è più scabroso e meno rassicurante. Il tema portante è il triangolo amoroso, la passione di un uomo di mezza età per una ragazzina, complicata dal fatto che l’adolescente è la figliastra, considerata come una vera e proprio figlia. In breve la trama. Sergio (Salerno), un industriale annoiato, raggiunge la compagna Adriana (Tiller) a Porto Rotondo, in Sardegna, subito ci accorgiamo che le cose tra loro non vanno come un tempo, al punto che l’uomo medita di separarsi. Lisa (Medici) è la ragazzina che irrompe nella relazione pericolante, seduce il patrigno, con lui perde la verginità, salvando il suo futuro e quello della madre, impedendo la fine del rapporto. Tema torbido in tutti i sensi, prima di tutto perché la figliastra ha sedici anni, poi perché non è l’uomo a sedurre la ragazzina ma il contrario (tema tipico della lolita) e soprattutto perché Lisa non agisce per amore o per passione, ma per freddo calcolo, per interesse, per salvare economicamente il suo futuro. 



Il film racconta la crisi della famiglia borghese, già evidente nel 1966, con un protagonista separato che vive insieme a una compagna ma finisce a letto con la figliastra. Sottofondo di musica beat con pezzi dei Rokes, degli Atom e dei Pipers (eseguono la colonna sonora), con raffigurazione della netta separazione tra il mondo dei giovani e quello degli adulti. Sta arrivando il Sessantotto, il film lo anticipa con molte idee di contestazione al matrimonio e alle convenzioni sociali. Il personaggio interpretato magistralmente da Enrico Maria Salerno esprime la scarsa fiducia nel lavoro, la voglia di libertà, il bisogno di evadere, ma anche la crisi del quarantenne di fronte alla noia sartriana dell’esistenza. 



Mita Medici è giovanissima, per la prima volta sullo schermo, direttamente dal Piper - locale alla moda romano -, ha sedici anni come la protagonista che interpreta, per questo non viene mai inquadrata nuda e il regista stempera i momenti erotici più torridi. Lolita straordinaria che Spinola sfrutta al meglio delle sue possibilità per un volto da ragazzina ingenua su un corpo che sprizza sensualità e malizia da tutti i pori. Forse la sequenza più erotica è quella del riccio di mare che punge il piede della ragazzina con l’uomo intento a succhiare il sangue della ferita. Brava anche l’austriaca Najda Tiller, molto attiva nel cinema italiano, ben calata nella parte della borghese altezzosa, amante tradita dalla figlia, che in un sordido finale accetta il nuovo status quo, per mero interesse.



Il regista documenta il cambiamento di un’epoca e narra la disillusione dell’Italia dopo il boom, immortala la Fiat 500, descrive l’entusiasmo per una fotocopiatrice, racconta la scoperta del sesso da parte degli adolescenti. Stigmatizza il tabù della verginità, l’altezzosità della ricca borghesia, i difficili rapporti tra coniugi, l’egoismo degli uomini, i discorsi vuoti e inconcludenti dei ricchi imprenditori. Vizi privati e pubbliche virtù, attacco all’ipocrisia borghese, incomunicabilità generazionale e nella coppia, sono temi importanti di un piccolo film da riscoprire. Tecnica di regia classica, panoramiche e primi piani, ambientazione e recitazione di impronta teatrale. Esterni girati in una Sardegna selvaggia, prima della speculazione edilizia e dello sfruttamento turistico, a bordo di uno yacht, tra le scogliere di Porto Rotondo e il mare incontaminato. Straordinaria la fotografia di Marcello Gatti, realizzata in un arcaico technicolor. 



Ottima la ricostruzione di ambienti curata da Piero Gherardi. Lo sceneggiatore spagnolo Rafael Azcona - mentore di Marco Ferreri - viene italianizzato nei titoli in Raffaele Ascona. Gordon Mitchell compare in un breve cameo nella parte di se stesso. Troppo duro il giudizio di Paolo Mereghetti (una stella): “Dramma del sentimento di una coppia anomala, ma il film nonostante il torbido soggetto non lascia traccia”. Pino Farinotti assegna due stelle, puntando sul mondo borghese capace di scendere a patti con la morale pur di non perdere privilegi. Fernando di Leo deve molto alle suggestioni di questo film quando gira La seduzione (1972) con Jenny Tamburi, anche se la sua sceneggiatura proviene da un romanzo di Ercole Patti.



Piero Spinola (Genova, 1929) lavora nel cinema dal 1952 come aiuto di Gianni Franciolini (fino al 1958 sarà anche soggettista e sceneggiatore). Non gira molte pellicole da regista, ma cura sempre il soggetto e può dirsi un autore: La fuga (1964), L’estate (1966), La donna invisibile (1969), Un giorno alla fine d’ottobre (1977). Fanno parte dei temi portanti del suo cinema la descrizione critica dell’alta borghesia e un’attenta analisi di singolari figure femminili. 

Una canzone del film
 
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